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“Il giorno in più”

Creato il 06 dicembre 2011 da Onesto_e_spietato @OnestoeSpietato

“Il giorno in più”: il film di cui fare a meno

Premessa: adattare per il grande schermo un libro di Fabio Volo non è certamente cosa facile. Sono zibaldoni di pensieri, situazioni, emozioni di un adulto (?) in chiave teenager. Ammetto – mea culpa! – di aver letto in passato il suo primo libro, Esco a fare due passi, e credo di essere cosciente, ahimè!, delle possibili difficoltà riscontrabili nel passaggio dalla carta stampata all’immagine in movimento. Fine premessa.

Da qualsiasi love story, anche la più sterile, ci aspettiamo in genere che ci lasci qualcosina dentro: una frase, un’immagine, una sensazione, uno spunto di riflessione, o volendo pure un sentimento negativo come la ripugnanza, l’amarezza, la tristezza, la pietà più bieca. Ciascuna di queste cose anche in dimensione batterica, cellulare, minuscola come una briciola atomica. Il giorno in più di Massimo Venier (Generazione 1000 euro), con Fabio Volo e Isabella Ragonese, non raggiunge nemmeno il “minimo sindacale”. Forse per troppa ansia da prestazione, scatta la cilecca. Il film lascia poco, poco, poco, aiutatemi a dire poco!

La vicenda è sempre la stessa, la più banale possibile: Giacomo Pasetti è un 40enne eterno immaturo che ama e abbandona ragazze come fossero caramelle gommose da scartare e gustare in compagnia. Una routine che viene infranta quando sul tram s’innamora a prima vista di Michela. Ma la loro storia è destinata ad avere vita breve, poiché lei il giorno seguente deve partire per New York…

Ok, una giovine (come direbbe mia nonna) romanticona potrebbe dirmi: “Sì, ma in amore le storie più semplici sono le più belle!”. Se poi sono con traversata oceanica ancora meglio. Ma, ribatterei io, il confine tra semplicità e pochezza tendente alla nullità è sottile, labile, facilmente superabile.

Il risultato è un filmettino che strappa qualche risata, ma anche molti occhi alzati al cielo per le vacuità che racconta. Scarso l’appeal emozionale nei confronti dello spettatore. Il film non coinvolge e non tenta minimamente neppure la più remota possibilità d’immedesimazione. Si rimane ad una superficialità cosmica, eterea, impalpabile. C’è sì qualche frase bellina per innamoratini ciuciù, ma anche queste non attecchiscono nella nostra anima. A poco serve la sognante colonna sonora che c’inebria sin dal trailer. I titoli di coda sono liberatori come la campanella della ricreazione a scuola.

Rende ancor più amaro il boccone l’ambaradan commerciale che ruota attorno al film: a metà ottobre è uscito, su carta e in ebook, l’ultimo libro di Volo, Le prime luci del mattino (in un mese e mezzo il pubblico compra, legge, ama e attende il film tratto dal precedente bestseller); pochissimi giorni fa, con puntualità svizzera, è uscita l’edizione speciale illustrata (mancano solo le figurine da colorare!) proprio de Il giorno in più.

Questa pellicola è inoltre l’ennesimo esempio di commedia italiana inflazionata e rovinata da un product placement vorace e divorante. Primi su tutti i marchi Agnesi e Togo sparati in primo piano senza lasciare via di scampo ai nostri bulbi oculari. Un virus che ha colpito, di recente, solo per fare due esempi, anche Lezioni di cioccolato 2 e Immaturi. Insomma, va bene che i dindini muovono il cinema, ma così l’ammazzano e schiavizzano/sminuiscono l’impegno di bravi sceneggiatori (penso a Fabio Bonifacci per i film di Luca Lucini).

La prova dei due attori protagonisti, Fabio Volo e Isabella Ragonese, è ordinaria, leggerina, disimpegnata. La parte è la loro, lo sforzo è minimo, il risultato gioca a ribasso. Il primo si nasconde ormai dietro la sua faccetta da cresciuto puttino barbuto e un sorrisetto malandrino, capace di stendere inspiegabilmente la metà delle 30enni presenti in sala (l’altrà metà se la dorme…). La seconda, pur dotata di una solare bellezza acqua e sapone, stona alcune note di recitazione come una dilettante. Ma cosciente di questo, sa come fare “poggio e buca” recuperando i punti persi con il successivo sguardo languido da ragazza della porta accanto. Insomma, si salva in corner. Lei. Il film no…


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